Il cranio di Argil di 400.000 anni fa per la prima volta in esposizione al Museo Preistorico “Pietro Fedele”

Il Comune di Pofi celebra il trentesimo anniversario della scoperta del “Cranio di Ceprano”, affettuosamente noto con il nome di “Argil”, uno dei reperti fossili umani più significativi ritrovati in […]

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I giochi del passato

“……glì ùttre a fa ciànce anticaménte usàvene criànza ,còre i ménte….”

…i videogiochi …la televisione …i cartoni animati, hanno tolto ai bambini di oggi la voglia di incontrarsi e di inventarsi un gioco, solo per il piacere di stare insieme … ma una volta, quando queste tecnologie non esistevano ancora, i bambini di Pofi si divertivano con poco e si affidavano alla loro immaginazione e fantasia per inventarsi un gioco…senza goicattoli. Si giocava a “ battimuro” in due o più giocatori: si faceva battere “un soldo” ( che ra la posta in gioco) su un sasso liscio di un muro,il soldino rimbalzando cadeva per terra; chi tirando la propria moneta riusciva ad arrivare a meno di un palmo della propria mano “dal soldo” messo in palio lo vinceva. Altri giochi chiamati a “ zapìcchia” o a “cuccetélla”, si svolgevano appoggiando un bottone nel primo caso, o un coccio di piatto rotto nel secondo, su un muretto poi si tentava di girarlo con il pollice inumidito di saliva; chi riusciva ad rivoltarli aveva vinto.

Il gioco della “bóca”, che anticipava il moderno gioco delle bocce, si giocava con dei mattoni rossi che dovevano essere accostati il più possibile ad un pezzo più piccolo che, come nelle bocce, rappresentava il pallino; quello della “bùca”si giocava con gli ossi delle pesche ben spolpati, si lanciavano vicino ad una buchetta fatta per terra e si cercava di imbucarlo con l’unghia del pollice, col tempo gli ossi sono stati sostituiti dalle palline di terracotta o di vetro. “Ciànca cinchétta” e “campana” erano giochi per femminucce: in entrambi i giochi bisognava saltare con un solo piede in “càse”, quadrati disegnati per terra. Spesso si ricorreva alla fantasia anche per creare dei piccoli strumenti di gioco.

Come nel gioco “gliù cerchie” era un cerchio di ferro e si guidava con un manico di ferro o di legno; o nel gioco della “rùzzica” si faceva con un mattone di terra cotta sagomato e ben arrotondato che veniva lanciato e fatto rotolare a gran velocità; “gliù pìccure” era un pezzo di legno rotondo con una punta di metallo su cui si arrotolava uno spago di cotone, “la zagaglia” e lo si lanciava lontano per farlo girare,non è altro che il moderno gioco della trottola.

La fionda era una vera e propria arma, costruita con un rametto forcuto e un elastico ricavato dalla camera d’aria delle ruote , veniva usata per lanciare sassolini e caciare uccelli o lucertole. In gruppo si giocava a “sàlta la quaglia”o a “piripirimpella”: nel primo caso uno si piegava e si metteva sotto, gli altri saltavano e si piegavano a loro volta; nel secondo caso si facevano le squadre da quattro, tre si mettevano sotto piegandosi e ammucchiandosi, l’altro saltava; un altro gioco di gruppo detto “arróbba cantòne” si svolgeva in luoghi alberati , ognuno doveva conquistare l’ albero (glù cantòne) del compagno.

I giochi diffusi tra i più adulti e che hanno avuto anche negli anni seguaci convinti ed estimatori, forse perché proibiti, erano “la mórra” e “ la passatélla”: nel primo caso si giocava in due e bisognava indovinare il totale dei numeri che i giocatori buttavano con le dita della mano destra; nel secondo caso c’era tutto un rituale in base al quale “glù signóre” nominava “gliù padróne i glù sótte” che dovevano gestire una partita di vino,chi non bevevo “remanéva ùrme” e diveniva motivo di discussione accese che duravano per ore. Nelle calde sere d’estate teatro di questi giochi di gruppo era “Piazzóne” link alla piazza che era il salotto della popolazione di Pofi.

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